Sono molto numerosi in Italia i lavoratori dipendenti obbligati a spostarsi per motivi di lavoro. Ma in quali casi parliamo del normale tragitto casa-lavoro e quando invece possiamo parlare di trasferta? Con il termine “trasferta” non si intende un semplice spostamento, ma il cambiamento temporaneo del luogo in cui il lavoratore deve svolgere la propria prestazione. Attenzione: la trasferta non deve essere confusa col trasferimento; il dipendente in trasferta, difatti, ha la certezza di rientrare nella sede di lavoro originaria, mentre il lavoratore trasferito è spostato definitivamente di sede. C’è poi il trasfertista, obbligato, da contratto, a svolgere la propria attività in sedi di lavoro sempre diverse. Ancora differente è l’ipotesi del distacco, o comando. Ma quanto mi spetta per la trasferta? Il trattamento spettante per la trasferta può variare: al dipendente può essere riconosciuto, ad esempio, un rimborso analitico delle spese, un’indennità forfettaria o un sistema misto. Il dipendente può inoltre beneficiare di un’esenzione contributiva (dall’imponibile previdenziale) e fiscale, totale o parziale, di quanto riconosciuto per la trasferta. Procediamo con ordine e facciamo dunque il punto della situazione. Indice
Trasferta nel territorio comunaleLo spostamento del dipendente può essere, innanzitutto, effettuato all’interno dello stesso Comune in cui è ubicata la sede di lavoro. In questo caso, però, le indennità o i rimborsi spese riconosciuti per la trasferta non beneficiano dell’esenzione dall’imponibile fiscale e contributivo, ma concorrono a formare il reddito, a prescindere da quanto sia ampio il territorio comunale. Solo i rimborsi delle spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, come i biglietti del bus, non sono imponibili. È inoltre rimborsabile la fattura della società di car-sharing. Secondo l’Agenzia delle Entrate [1], difatti, se il documento individua il destinatario della prestazione, il percorso effettuato (indicando il luogo di partenza e arrivo), la distanza percorsa, la durata e l’importo dovuto, la fattura è equiparata alla documentazione proveniente da chi esercita un pubblico servizio di trasporto. Pertanto, la fattura di car-sharing è esente da imposizione contributiva e fiscale, anche nel territorio comunale. Trasferta in ItaliaIl trattamento per la trasferta effettuata in Italia, al di fuori del territorio comunale, è normalmente stabilito dal contratto collettivo applicato. Il datore di lavoro può comunque erogare un trattamento migliore. Il datore può scegliere, sulla base delle previsioni del Ccnl e di eventuali ulteriori accordi, se erogare un’indennità forfettaria, un rimborso spese analitico o entrambi (sistema misto). La retribuzione della trasferta con questi sistemi può essere totalmente o parzialmente esclusa dall’imponibile fiscale e previdenziale, come osserviamo nella tabella seguente.
Le trasferte devono essere riportate nel cedolino paga e nel Libro unico del lavoro: in particolare devono essere esposti il numero delle trasferte, l’importo giornaliero riconosciuto e la tipologia di esenzione applicata (1/3, 2/3, 3/3). Il datore è inoltre obbligato a conservare la documentazione comprovante che la trasferta è effettivamente avvenuta, per dimostrare, in caso di ispezione, gli spostamenti effettuati dal dipendente e la fedele registrazione sul Lul [2]. Trasferta all’esteroSe la trasferta avviene all’estero, i limiti di esenzione sono maggiori, come osserviamo dalla seguente tabella.
Com’è pagato il trasfertista?Il dipendente trasfertista è obbligato, contrattualmente, a svolgere la propria attività in sedi di lavoro sempre diverse: in pratica, questo lavoratore non ha una sede fissa indicata nel contratto di lavoro e le modalità di svolgimento della sua attività richiedono continui spostamenti. Secondo la il testo unico delle imposte sui redditi [3], le indennità e le maggiorazioni dovute ai trasfertisti non concorrano a formare il reddito imponibile in misura pari al 50% del loro ammontare: in altri termini, la metà delle indennità e delle maggiorazioni è esente dalle imposte e dalla contribuzione. Il rimborso analitico da parte del datore di lavoro delle spese sostenute dal trasfertista è, invece, totalmente imponibile. Altre indennità connesse agli spostamentiCi sono poi particolari compensi, indennità e corrispettivi, collegati a spostamenti e trasferimenti del dipendente, che non sono interamente imponibili. Tra questi, ad esempio, sono esenti al 50% l’indennità di volo, di comando e gli assegni di sede (per questi ultimi, a condizione che l’attività all’estero non costituisca l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro). Esente al 50% anche l’indennità di trasferimento e di prima sistemazione, fino ad un massimo annuo di:
note[1] Ris. 83/E/2016. [2] Min. Lav., Nota 11885/2016. [3] Art. 51 co. 6 del TUIR. Quanto si paga per trasferta?Il calcolo dell'indennità viene effettuato in base a una determinata percentuale sulla retribuzione giornaliera e può andare dai 45 € fino ai 20 €, a seconda della professione.
Quanto si prende per la trasferta di lavoro?La trasferta presuppone che al lavoratore venga temporaneamente richiesto di prestare la propria opera in un luogo diverso da quello in cui deve abitualmente eseguirla ( si tratta della sede indicata nel contratto di lavoro quale luogo normale di svolgimento dell'attività lavorativa) anche all'estero.
|