Come assistere un malato di sla oss

Basterebbe una signora Nuccia in ogni quartiere…e la nostra professione, a livello nazionale, avrebbe sicuramente un riconoscimento diverso. Continua la battaglia di questa mamma, in lotta per avere 24 ore di assistenza da parte di infermieri professionisti per suo figlio, tracheostomizzato, ventilato per 24 ore e gastromizzato.

In data 3 marzo veniva pubblicato sul nostro giornale, Nurse Times un articolo dal titolo “Sanità Low-Cost: A.d.i. ad alta complessità affidata agli O.s.s.” (VEDI) una speciale intervista ad una mamma decisamente combattiva.

Nuccia, questo il suo nome,  ci ha raccontato la storia di suo figlio Davide, ragazzo di 32 anni malato di Sclerosi Multipla che in seguito a delle complicazioni impreviste si è ritrovato tracheostomizzato e ventilato per 24 ore…a domicilio. La signora ci ha posto alcuni quesiti interessanti, cercando così di capire come sia possibile che un paziente definito ad “alta intensità assistenziale”, portatore di via aerea avanzata e connesso a delle macchine per poter sopravvivere come suo figlio sia assistito da Operatori Socio Sanitari.

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Come assistere un malato di sla oss

L’intervista è stata seguita da molti nostri lettori, ha avuto un ottimo seguito sui social ed ha generato diversi attestati di stima e di solidarietà verso Davide e sua madre, aprendo un dibattito che ha visto coinvolti oltre agli operatori sanitari anche numerosi cittadini che hanno manifestato il loro stato di vicinanza alla mamma di Davide. Riproponiamo alcuni di questi commenti ripresi direttamente dal sito di Nurse Times.

Ad esempio, Jessica ha scritto: ”Sei una grande donna , una grande mamma che avendo purtroppo un figlio ‘robot ‘ come lo definisci pretendi , desideri  una accurata assistenza domiciliare infermieristica , e non OSS… Ma purtroppo in questa cosiddetta nazione civile una professione così importante come quella dell’INFERMIERE viene bistrattata… E tale figura viene sostituita, con tanto di rispetto, da OSS anche quando ci si trova a combattere con moltissime complicanze e malattie terminali!”

Oppure Pamela: “Ammiro molto il coraggio di questa mamma e ho tanta stima per queste persone, come gli infermieri che assistono Davide, che scelgono come ‘lavoro’ il dedicarsi ai meno fortunati. Il vostro modo di rapportarvi alla vita fa la differenza per chi è nel bisogno fisico ed emotivo. Complimenti!”

E anche Maria Teresa, malata di SLA, ha lasciato un importante segno del suo passaggio: “Cara Nuccia, io ti capisco, ho 65 anni e da dieci sono affetta da SLA. Mi si è fermata la vita, tutti i progetti sono svaniti. Ho tre figli laureati che non posso aiutare e vivo solo del loro affetto. Sono diventata nonna da poco e soffro a non poter abbracciare e baciare mio nipote. Io non parlo, è grazie alla lavagna ETRAN che posso comunicare con lo sguardo. Sono paralizzata e ,come tuo figlio, dipendo dalla ventilazione meccanica e mi alimento tramite PEG…”

Tra i commenti, però, ne sono apparsi alcuni di natura decisamente diversa; sono stati postati da parte di alcuni Operatori Socio Sanitari, forse ‘feriti’ nell’orgoglio, per alcune dichiarazioni della signora Nuccia durante l’intervista. Ecco la parte ‘incriminata’:

“Bella parola l’OSS… Chi sono costoro?Io non sapevo che un paziente complesso come mio figlio, con la tracheostomia, la PEG, il ventilatore meccanico, il bisogno di aspirazioni tracheobronchiali e tante altre operazioni complesse da effettuare potesse essere assistito senza problemi da ex muratori, badanti e camerieri che effettuano un corso di pochi mesi e si scoprono sanitari. Io non voglio attaccare nessuno, per carità, nessun mestiere e nessuna figura professionale. Ma… Come è possibile che gli infermieri vengano sostituiti con gli OSS con così tanta facilità? Cosa c’entra con questi ultimi l’alta intensità assistenziale? Cosa c’entra con loro la gestione di vie aeree avanzate, delle urgenze e delle emergenze se non sono affiancati da un professionista come un medico o un infermiere? Per quanto mi sforzi… Non capisco. Una cosa è certa: gli infermieri non sono OSS! E di conseguenza gli OSS non sono infermieri.”

Come assistere un malato di sla oss
Davide.

Sono parole piene di dolore, di rabbia, proferite da una madre che non sa più a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Questo sì. Ma sono anche parole che non sembrano affatto distaccarsi dalla realtà dei fatti: come può un paziente connesso a presidi tecnologici avanzati tipici di una terapia intensiva essere assistito da una figura che dovrebbe essere solo di supporto all’infermiere?

Eppure Anna, Operatrice Socio Sanitaria, ha commentato così le parole di Nuccia:

“Innanzitutto voglio esprimerle la mia solidarietà e vicinanza, sia a lei che a Davide, giacché conosco bene quanto possa essere difficile essere prigionieri di un corpo che non risponde ed altrettanto conosco la sofferenza di un familiare che assiste impotente al dolore di una persona che tu ami. Sono un OSS e per anni ho assistito malati di SLA, ed ha ragione, senza alcuna competenza professionale come oltretutto i parenti dei pazienti (li chiamo così per la privacy) e gli infermieri, difatti tutti abbiamo effettuato un corso con un medico prima di iniziare un’assistenza. Le posso assicurare che mi sono trovata a rianimare con il pallone Ambu alla presenza di infermieri che vedendo la complessità del momento sono scappati adducendo che non erano preparati. Come quindi può ben vedere è l’esperienza e non il titolo sulla carta che rende un operatore competente. Ma comunque della mia esperienza le voglio solo raccontare dei sorrisi e gli sguardi dolci che mi rivolgevano i miei pazienti quando facevo la pagliacciata per strappare loro un sorriso perché le assicuro che il mio unico obiettivo era quello di rendere azzurro quel cielo pieno di nubi. Pertanto credo che se avessero chiesto ai miei pazienti di esprimere cosa era meglio per loro, avrebbero sicuramente espresso richiesta di essere circondati da persone che riuscivano a interagire con grande affetto perché consapevoli che ci accomuna un unico destino a prescindere dai titoli accademici.”

La risposta della signora Nuccia non si è fatta attendere molto. Ed è stata un chiaro manifesto a difesa della professione infermieristica:

Cara Anna, che bello leggere le tue parole. Sono contenta per i tuoi pazienti col cielo azzurro. Qui però si parla di realtà, di pazienti complessi e di competenze avanzate. Grazie per aver dato testimonianza della nostra povera Italia ridotta a pezzi… Dove si ragiona ancora in base a ‘esperienze’, ad ‘abbiamo sempre fatto così’, ecc. Confondi la professionalità con l’esperienza. Confondi una professione con… Cos’è l’OSS? Sai dircelo? Sai cos’è un infermiere? Parlo di quelli veri? Conosci il loro profilo professionale? Sai che l’OSS è personale di supporto senza alcun potere decisionale? Nessuno dice che l’OSS non abbia esperienza e che non ci siano bravi OSS. Ma gli OSS NON SONO INFERMIERI!!! Qui si sta parlando di vita umana e di come salvarla in caso di bisogno. E tu perdonami, non sei abilitata a farlo.”

Ma non è bastato. Un’altra operatrice di nome Barbara, verosimilmente inviperita dall’articolo e dalla precedente risposta di Nuccia, ha rilasciato quest’altro commento:

“Sono un OSS, ne sono fiera, orgogliosa, amo il mio lavoro. Lavoro in cure palliative da oltre nove anni e, mi scusi, ma mi sono sentita offesa nel leggere i suoi commenti sugli OSS. Non sono mai stata una badante, tantomeno un muratore e nemmeno una cameriera (con tutto il rispetto per queste professioni). Ho studiato un anno per diventare OSS, ho fatto 550 ore di tirocinio in ospedale. Lavorando con i malati di SLA ho acquisito conoscenze e competenze che forse non sono proprie del mio ruolo, ma che mi consentono di stare accanto a queste persone in tutta sicurezza, sia per loro che per me. Non disprezzi a prescindere. La ammiro comunque per il suo coraggio e la sua forza di mamma con un grande cuore.”

Anche stavolta, la signora Nuccia ha risposto in modo razionale ed esauriente, cercando di fare un po’ di chiarezza:

“Barbara cara, mi chiedi di non giudicare a prescindere. Ma a prescindere di cosa? Mi dici che non sei né una badante, né un muratore e né una cameriera… e fin qui va bene. Ma qualsiasi cosa tu abbia fatto prima di scoprirti sanitaria, sappi che non basta un corso di poche ore e non basta avere ‘esperienza’ con malati qua e là per assistere pazienti complessi ‘in tutta sicurezza’. Definisci ‘professioni’ dei mestieri… quindi è chiaro che non sai di cosa stai parlando. Ti sei sentita offesa per cosa? Non ho disprezzato questi lavori (non professioni!), ho solo urlato la mia rabbia nei confronti di questa società che non ama i suoi cittadini. Tu sei un OSS, mestiere rispettabile. Ma io vorrei professionisti dell’aiuto, che da profilo professionale siano abilitati ed abbiano studiato per gestire i presidi avanzati e la complessità assistenziale di mio figlio. Tra quanti anni di ‘esperienza’ coi pazienti affetti da SLA diventerai quindi medico…? Ti abbraccio. E grazie.”

Le parole di queste due OSS, a tratti un po’ farneticanti, fanno comunque riflettere:

Basta quindi “un corso con un medico” (che tipo di corso? Effettuato da chi? Certificato da chi? E che abilita a fare cosa di preciso?) per essere spediti a domicilio da soli a gestire pazienti ad alta intensità assistenziale e per poter “rianimare con il pallone ambu” (pratica che se effettuata nel modo scorretto può causare una serie di danni importanti e situazioni di emergenza) pazienti portatori di via aerea avanzata? Siamo quindi degli sprovveduti noi infermieri che abbiamo intrapreso un percorso universitario tra mille difficoltà, studi, perdite economiche e sacrifici importanti? “…è l’esperienza e non il titolo sulla carta che rende un operatore competente…“? Per mettere in pratica delle competenze, in sanità… Bisogna averle. Devono essere Evidence Based, ovvero basate sulle evidenze scientifiche. E devono essere certificate. Esistono procedure, protocolli e linee guida approvati a livello internazionale che bisogna conoscere e che bisogna essere abilitati ad utilizzare, per poter agire. Perché? Perché si ha a che fare con la salute e con la vita delle persone, cara operatrice socio sanitaria che assisti da sola pazienti complessi “in tutta sicurezza”. L’esperienza… non basta a garantire un’assistenza adeguata, di qualità, a prevenire complicazioni e a intervenire correttamente in situazioni di urgenza/emergenza. E non basta a tutelarti in caso di danno o di errore.

Per fare maggiore chiarezza, riporto qui i links per visionare i due diversi profili:

INFERMIERE (VEDI)

OSS (VEDI)

Speriamo che il modello assistenziale contraddittorio sviluppatosi in molte regioni italiane per i pazienti ad elevata complessità assistenziale, sia rivisto. È forse necessario crearne un altro, più sicuro e sostenibile.

Un immenso grazie alla signora Nuccia, mamma-combattente ed indiscusso baluardo a difesa dei diritti di suo figlio e di tutti i pazienti come lui. Un baluardo a difesa della professione infermieristica e della qualità dell’assistenza.

Un grosso bocca al lupo a te, Davide. Forza!

P.S. Ribadisco: basterebbe una signora Nuccia in ogni quartiere…e la nostra professione, a livello nazionale, avrebbe sicuramente un riconoscimento diverso.

Alessio Biondino

Come comportarsi con i malati di SLA?

Aspetti emotivi.
Creare un ambiente il più sereno possibile..
Individuare nuovi interessi..
Familiari e amici devono essere un reale punto d'appoggio..
Non isolarsi, lasciare trasparire i propri sentimenti le proprie ansie..
Un buon dialogo può aiutare a rafforzare i rapporti interpersonali..

Quali sono le procedure per OSS?

Assistenza al paziente operato. · Preparazione della stanza di degenza della persona operata. · Ritorno dell'operato - Sorveglianza nel post - operatorio. · Modalità di trasporto dei pazienti operati da e per la sala operatoria · · · Preparazione della salma:· Composizione della salma.

Che cos'è la mobilizzazione OSS?

La mobilizzazione. L'Operatore Socio Sanitario viene chiamato a mobilizzazione, a fare l'igiene, ad alimentare, a preparare l'Assistito alle attività fisioterapiche e a quelle che sono le iniziative/attività ludico-ricreativo-assistenziali in programma.

Cosa prova un malato di Sla?

I primi sintomi della malattia possono essere brevi contrazioni muscolari (mioclonie), una certa rigidità muscolare (meglio definita spasticità), debolezza dei muscoli con conseguente alterazione del funzionamento di un braccio o di una gamba, oppure voce indistinta e tono nasale.