Significato di amor che nulla amato amar perdona

Alle superiori, lo studio di Dante e della Divina Commedia è una parte ineludibile del programma. E in certi casi, soprattutto quando si parla dell’Inferno, una di quelle più amate dagli studenti. Nonostante quel poema abbia parecchi secoli sulle spalle, non smette infatti di affascinare i ragazzi, soprattutto in alcune sue parti. E tra queste parti c’è indubbiamente il canto V dell’Inferno, dove a un certo punto arriva il celebre verso: «Amor, ch’a nullo amato amar perdona».

Cosa significa quel verso (il numero 103 del canto) e come si collega al resto dell’opera? Cerchiamo di spiegarlo nell’articolo che segue, che vi toglierà tutte le curiosità del caso.

  • 1. Di cosa parla il canto V
  • 2. Paolo e Francesca
  • 3. La terzina di cui fa parte
  • 4. Esegesi del verso
  • 5. Citato in mille modi
    • Note e approfondimenti
    • Segnala altre cose da dire sul verso “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” nei commenti.

1. Di cosa parla il canto V

Iniziamo inquadrando prima di tutto il canto da cui quel verso è tratto. Si tratta del quinto dell’Inferno, quello ambientato nel secondo cerchio, dimora dei lussuriosi. Dopo aver incontrato Minosse, che giudica i dannati, Dante e Virgilio discutono appunto di una serie di lussuriosi, tra cui Cleopatra, Elena di Troia e Achille.

A partire dal verso 73, però, l’attenzione di Dante viene attratta da due anime che, invece di procedere una dietro l’altra, sono affiancate. Si tratta di Paolo e Francesca, a cui Dante rivolge la parola – primo caso, se si esclude il Limbo, in cui il poeta comunica direttamente coi dannati.

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Si tratta di due personaggi storici, vissuti nella seconda metà del Duecento. Anche in questo caso siamo dunque davanti a un primato: sono i primi personaggi a lui contemporanei che Dante introduce nella Commedia. Da lì in poi, comunque, la loro vicenda è andata ben oltre la storia, diventando un punto cardine della nostra letteratura.

La storia che queste due anime raccontano al poeta è emotivamente così intensa che lo stesso Dante si sente mancare alla fine del canto, perdendo i sensi. D’altra parte, l’incontro coi due mette in crisi alcuni vecchi ideali del poeta, quelli cioè dell’amor cortese, che qui sembra diventare fonte di peccato e dannazione.

2. Paolo e Francesca

Paolo e Francesca erano cognati. Lei apparteneva alla famiglia dei da Polenta, lui a quella dei Malatesta. La ragazza era stata data in moglie al fratello di lui, Gianciotto, con lo scopo di suggellare un’alleanza tra le due stirpi romagnole.

Anche Paolo, comunque, era sposato, e – ci dicono gli storici – già da prima di Francesca. A Dante, comunque, i due raccontano che si erano invaghiti subito l’uno dell’altra, anche a causa di un libro. Paolo e Francesca, infatti, passavano il tempo a leggere le avventure dei cavalieri di Artù, e in particolare di Lancillotto e Ginevra.

Proprio la lettura dell’amore sbocciato tra i due, e del relativo bacio, li aveva portati a scoprirsi anche loro innamorati e infine a baciarsi. Questo amore improvviso e irrefrenabile era però anche illecito: quando Gianciotto li sorprese, li trucidò, mandandoli dunque all’inferno.

3. La terzina di cui fa parte

Il verso da cui siamo partiti è uno dei più celebri, che riassume il senso di questa vicenda. Compare, come abbiamo detto, al rigo 103, in apertura di una terzina, collegata a sua volta ad altre due terzine, una precedente e una successiva.

Questo il testo di Dante, dal verso 100 al 108, che riporta le parole di Francesca:

«[…] Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

  Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

  Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Parafrasando, il testo suona così:

«[…] L’amore, che rapisce facilmente un cuor gentile,
fece innamorare costui [cioè Paolo] del bel corpo
che mi è stato tolto, in un modo che ancora m’offende.

  L’amore, che a nessuno risparmia d’amare quando è amato,
mi prese tramite la bellezza di costui [di Paolo] così fortemente
che, come vedi, ancora non mi abbandona.

  L’amore ci condusse ad una stessa morte:
Caina1 attende chi ci tolse la vita».
Queste parole ci dissero.

4. Esegesi del verso

Qual è però il significato preciso di quel verso? Qui sopra ne abbiamo riportato una prima parafrasi, ma i critici letterari nel corso dei secoli hanno dibattuto a lungo su queste poche parole. E conviene, ora, dar conto di questi dibattiti.

Il verso infatti si presta a due interpretazioni. La prima, quella più nota, è la seguente: quando si è amati con tanta forza, è impossibile non rispondere innamorandosi della persona che ci ama. L’amore, in pratica, non concede a nessun amato di non amare in risposta.

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L’altra interpretazione, minoritaria ma interessante, intende “perdona” nel significato moderno del termine. Ovvero: l’amore non perdona a nessuna persona già amata (cioè già impegnata) di amare qualcun altro. In questo caso, anche l’amore stesso guarderebbe con rimprovero ai gesti di Francesca, che, già sposata, non avrebbe dovuto innamorarsi.

È possibile che questa ambiguità fosse voluta dallo stesso Dante. D’altronde, l’amore tra Paolo e Francesca è paradossale e contraddittorio: da un lato, il poeta vi scorge qualcosa di puro, di bello, di spontaneo; dall’altro, però, sa esserlo peccaminoso. E il verso rende bene questa ambivalenza.

5. Citato in mille modi

Il verso di Dante è entrato, l’abbiamo già detto, nell’immaginario collettivo: tutti lo conoscono, anche se non tutti ricordano il contesto in cui veniva pronunciato, né il suo significato più profondo. Ad aiutare la memoria degli italiani, comunque, non sono solo gli studi scolastici.

Il verso infatti è stato citato anche lontano dalla scuola, in opere d’arte ma anche in canzoni. Celebri, in questo senso, sono i passaggi di Ci vorrebbe un amico di Antonello Venditti e Serenata rap di Jovanotti. Ecco la strofa di Venditti2.

E se amor ch’a nullo amato,
amore, amore mio perdona,
in questa notte fredda
mi basta una parola.

Ecco invece quella di Jovanotti3.

“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, porco cane,
lo scriverò sui muri e sulle metropolitane
di questa città milioni di abitanti
che giorno dopo giorno ignorandosi vanno avanti.

Segnala altre cose da dire sul verso “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” nei commenti.

Che cosa vuol dire Amor che nullo amato amar perdona?

Si tratta di un verso che esprime l'inesorabile fatalità di Eros, che quando colpisce non lascia scampo. Infatti il verso significa proprio questo: che Amore non perdona, nel senso che non risparmia, a nessuno che sia amato e che quindi abbia ricevuto amore, di amare a sua volta.

Chi troppo amato amar perdona?

L'espressione “Amor ch'a nullo amato amar perdona” è una delle più celebri frasi del sommo poeta Dante Alighieri. Si colloca nel V canto dell'Inferno dantesco al verso 103.

Chi pronuncia Amor ch'a nullo amato amar perdona?

Dante e l'autodifesa di Francesca ( vv. Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Cosa vuol dire il verso Amor ch Al cor gentil ratto s apprende?

Ma torniamo alla nostra frase: con queste parole Dante vuole sottolineare la potenza dell'amore. Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, e cioè “l'amore, che divampa in un attimo nel cuore gentile”, è una forza potentissima, che supera la volontà dell'individuo e vince tutte le resistenze.