Si può modificare un atto di donazione

La donazione è il solo strumento giuridico di trasmissione a titolo gratuito di beni da parte di un soggetto vivente e si distingue dal testamento che non produce effetti se non alla morte del suo autore.

Lo spirito della donazione è in realtà il desiderio o l’opportunità di dare qualcosa alle persone a noi legate da affetti o da amicizia.

Aiutare i propri figli, anticipare la propria successione, fare un dono ad un amico, ricompensare colui che ti ha reso un servizio, partecipare alla realizzazione di un obiettivo di beneficenza ….

Chi desidera tutto questo può farlo attraverso le donazioni.

La donazione presenta molte caratteristiche. Le principali sono l'assenza di un corrispettivo ed il carattere tendenzialmente definitivo, trattandosi di un contratto. L'importanza di tale atto e le conseguenze che ne de-rivano esigono che questo si debba realizzare seguendo forme particolari.

Chi dona può apporre all'atto di donazione svariate clausole che daranno vita a peculiari fattispecie di donazione.

La donazione è, a tutti gli effetti, un atto importante, in quanto comporta il depauperamento del patrimonio di colui che dona (donante) ed il conseguente arricchimento di colui che riceve (donatario o beneficiario). E' pertanto necessario conoscere preliminarmente tutti gli aspetti e le conseguenze, tanto civili che fiscali, di tale atto.

L'opportunità di una donazione deve analizzarsi caso per caso, avendo presente i seguenti elementi, che il vostro notaio di fiducia potrà aiutarvi a valutare, e precisamente: il patrimonio del donante, la situazione familiare del medesimo, le implicazioni sulla futura successione dello stesso, gli aspetti fiscali ed eventuali vantaggi di un simile atto.

Spesso, la scelta per la donazione, rispetto ad un atto a titolo oneroso (cioè con corrispettivo), si farà nell'ambito di un programma successorio globale e tenendo presente i rapporti che intercorrono tra successione a causa di morte e donazione.

La convenienza della donazione

1) È più conveniente beneficiare un soggetto tramite atto di donazione o tramite attribuzione mortis causa?

Va precisato al riguardo che sia l'atto di donazione che il trasferimento dei beni mortis causa non sono soggetti all'imposta.

Si ricorda, tuttavia, che, mentre per la donazione tra soggetti tra i quali non ricorrano né rapporti di coniugio, né rapporti di parentela in linea retta o entro il quarto grado oppure non ricorra alcun rapporto di parentela, saranno dovute le imposte di trasferimento, per quanto eccede la franchigia, per le successioni mortis causa a favore dei medesimi soggetti, non sarà dovuta alcuna tassa, qualunque sia il valore dei beni relitti. Ciò comporta la convenienza fiscale a disporre per testamento, anziché per donazione, a favore dei soggetti suddetti.

Sia nel caso di successione che nel caso di donazione, occorrerà, comunque, pagare le imposte ipotecarie e catastali.

E' possibile, inoltre, conseguire un risparmio di spesa redigendo un semplice testamento olografo, che, a differenza della donazione, non comporta di dover ricorrere al ministero di un notaio e conseguentemente di dover sostenere i relativi oneri economici. Resta, comunque, preziosa la consulenza del notaio in ordine al contenuto del testamento, in quanto egli è esperto in materia successoria e saprà indicarvi come raggiungere al meglio i vostri obiettivi, senza ledere i diritti di eventuali vostri legittimari.

2) È più conveniente donare o vendere?

Va considerato, innanzitutto, che la donazione può essere fatta oggetto di azione di riduzione da parte dei legittimari lesi nella quota di riserva e ciò comporterà anche la difficoltà di ottenere finanziamenti dalle Banche, con garanzia reale sull'immobile donato, alla luce di quanto previsto dal Codice Civile. Infatti gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il donatario può averli gravati.

Per contro, la donazione si rivela più vantaggiosa sotto il profilo fiscale essendo esente, salve le ipotesi considerate, da imposta di donazione.

In conclusione, la donazione è più vantaggiosa fiscalmente, ma presenta problemi di carattere civilistico; la vendita è più onerosa fiscalmente, ma meno problematica a livello civilistico (anche se eventuali legittimari potrebbero provare, una volta morto il disponente, che la vendita simulava, in realtà una donazione, con riproposizione, in tal caso, delle problematiche sopra evidenziate con riguardo alla donazione).

Cosa significa donare

La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte (donante) arricchisce l'altra (donatario), disponendo a favore di questa di un diritto proprio, presente nel patrimonio, o assumendo verso la stessa una obbligazione.

In pratica, è l'atto con cui si regala un bene oppure ci si obbliga, per esempio, alla prestazione di un vitalizio.

Poiché la donazione è un contratto, è necessario che vi siano tutti i requisiti per la conclusione di un valido contratto: occorre che ciascuno (donante e donatario) presti un valido consenso, il donante e il donatario devono essere capaci di donare e di ricevere la donazione, la causa della donazione deve essere lecita.

Affinché una donazione sia valida occorre in particolare:

- la volontà del donante di spogliarsi, per spirito di liberalità, di un proprio bene senza esigere un corrispettivo e senza esservi obbligato. L'interesse del donante deve sempre essere non patrimoniale (religioso, affettivo, culturale …)

- il trasferimento di un bene dal patrimonio del donante a colui che egli desidera beneficiare. Qualsiasi bene, mobile o immobile, può essere oggetto di una donazione, purché lo stesso sia presente nel patrimonio del donante

- l'accettazione del donatario. Nessuno può obbligare qualcuno ad accettare un regalo! Tale accettazione deve essere espressa.

I rischi e i problemi della donazione

La donazione è un atto rischioso e richiede l’assistenza di un professionista esperto:

a) perché la donazione anticipa la vostra successione;

b) perché la donazione è un atto tendenzialmente definitivo. Donare, è donare! Una donazione è irrevocabile, come tutti i contratti. Il donante non può più riprendere ciò che ha donato, neppure se successivamente si penta del suo gesto o se i rapporti tra le parti siano cambiati dopo l'atto di donazione. Tuttavia, la donazione, come tutti i contratti, può essere sciolta per mutuo dissenso o per cause ammesse dalla legge, che prevede cause di revocazione della donazione. Inoltre, è possibile apporre all’atto di donazione clausole o condizioni che provochino l’effetto di spogliare il donatario del bene donato e di farlo ritornare in capo al donante;

c) per sapere se si abbia la capacità di donare e ricevere per donazione. Solo chi ha la proprietà di un bene può donare: non si può ovviamente donare un bene che appartiene ad un'altra persona. I donanti e i donatari devono essere capaci, ma sono ammesse le donazioni di minori e di inabilitati in sede di convenzioni matrimoniali e sono ammesse, con le necessarie forme abilitative, le liberalità in occasione di nozze a favore dei discendenti dell'interdetto o dell'inabilitato, nonché si può donare a soggetti non ancora nati, anche se non concepiti. Anche le persone giuridiche possono donare, purchè tale capacità sia ammessa dal loro statuto o dall'atto costitutivo e sia compatibile con gli scopi per i quali sono state costituite. Le stesse possono anche ricevere per donazione. Possono ricevere per donazione anche gli enti non riconosciuti;

d) per sapere se si possa donare a mezzo di altri. La scelta della persona del donatario deve essere fatta dal donante o direttamente o indicando una categoria o una pluralità di soggetti tra cui un terzo, suo mandatario, sceglierà. Analoga disposizione è valida per la scelta dell'oggetto della donazione;

e) per sapere come donare. Vista l'importanza di tale atto, la legge richiede la necessità di usare l'atto pubblico notarile, e si richiede, altresì, la presenza di due testimoni, a pena di nullità. Se i beni donati sono beni mobili di richiede l'indicazione del loro valore all'interno dell'atto o in una nota a parte. Ma la forma notarile non è richiesta nel caso di donazione di modico valore di cosa mobile (donazione manuale): qui basta la consegna della cosa. Si può donare anche in via indiretta, per esempio procurando l'acquisto del bene a chi si vuole beneficiare, senza necessità di utilizzare le forme della donazione (atto pubblico notarile con due testimoni irrinunziabili);

f) per sapere cosa si può donare. Tutti i beni possono costituire oggetto di una donazione: mobili o immobili, denaro, titoli di credito, azioni e quote di società, aziende..., purché si tratti di beni presenti nel patrimonio del donante e non di beni futuri. Non sono consentite le donazioni che abbiano ad oggetto un'obbligazione di fare (si pensi, per esempio alla gratuite prestazione del medico o dell'artista), né quelle che abbiano ad oggetto un'obbligazione di non fare (si pensi, per esempio, all'obbligazione, senza corrispettivo, di non costruire un muro per non togliere luce ad un fondo attiguo).

g) per evidenziare il motivo che spinge a donare. Il motivo che spinge a donare può essere rilevante:

- nel caso di donazioni rimuneratorie, qualora l'attribuzione venga effettuata per riconoscenza (per un aiuto economico ricevuto o promesso) o in considerazione dei meriti di chi riceve la donazione o per speciale remunerazione, anche se non costituiscono donazioni le liberalità conformi agli usi (es. mance o regali natalizi dei clienti ai professionisti);

- nel caso di donazioni obnuziali, qualora l'attribuzione sia compiuta in vista di un determinato futuro matrimonio dagli sposi tra loro o da altri a favore degli sposi o dei figli nascituri. In questo caso non è necessario che il donatario accetti la donazione, però, se il matrimonio non verrà celebrato, la stessa perderà di efficacia.

- nel caso di donazioni modali, qualora si voglia obbligare il donatario a dare, a fare o a non fare qualche cosa a favore del donante stesso o di un terzo.

Il problema della circolazione dell'immobile donato

E’ sempre molto complicata la vendita di immobili che in passato siano stati oggetto di donazione. Allo stesso modo, le banche che concedono mutui sono assai insofferenti a ricevere in ipoteca immobili donati: ne è la riprova la sentenza n. 228 del 24 febbraio 2011 del Tribunale di Mantova, con la quale è stata dichiarata la nullità della fideiussione rilasciata alla banca a garanzia di un mutuo con ipoteca iscritta su un bene oggetto appunto di donazione, perché la fideiussione è stata considerata lesiva del diritto degli stretti familiari del donante a non subire restrizioni circa il conseguimento della quota di eredità loro spettante nella successione del donante.

La ragione di questi problemi è che gli immobili fatti oggetto di donazione possono essere la ragione di pretese ereditarie da parte degli eredi legittimari del donante, e cioè di coloro che hanno un inalienabile diritto a ricevere una rilevante quota del patrimonio del donante che sia poi defunto (vale a dire, principalmente, il coniuge superstite, i suoi figli e i discendenti dei figli).

Se infatti un legittimario chiama in causa il donatario perché la donazione lede la quota di legittima spettante al legittimario stesso e se il patrimonio del donatario convenuto in giudizio non è sufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario (si pensi al caso che l’immobile donato sia stato venduto e poi sia stato scialacquato il denaro ricevuto come prezzo), allora ne può far le spese colui che in quel momento si trova a essere proprietario dell’immobile in questione, anche se egli non c’entri nulla con la famiglia del donante e con la donazione intervenuta in passato e avente a oggetto l’immobile che poi gli è stato venduto: infatti quell’immobile gli può essere chiesto in restituzione, con la quasi certezza che egli non avrà alcun ristoro economico rispetto a questa “spoliazione”.

Il codice civile tratta questa materia essenzialmente negli articoli 561 e 563, che disciplinano appunto la “riduzione” delle donazioni immobiliari lesive della legittima e la “restituzione” degli immobili donati: se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione della donazione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili in questione, liberi da qualsiasi gravame (ad esempio, da ipoteche); il terzo acquirente può peraltro liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.

Ora, visto che le donazioni di immobili sono assai frequenti (anche perché il loro costo fiscale è assai contenuto a seguito della detassazione disposta a partire dalla legge 18 ottobre 2001 n. 383) e che quindi non è difficile imbattersi in trattative immobiliari nelle quali un soggetto intende rendersi acquirente di un bene che in passato è stato oggetto di donazione (a favore dell’attuale venditore o anche di un suo precedente dante causa), la pratica professionale deve necessariamente confrontarsi con questo tema, al fine di “tranquillizzare” non solo l’acquirente, ma anche le banche: è quasi matematico infatti che chi compra un immobile si finanzi con un mutuo ipotecario, offrendo in garanzia il bene da acquistare; e quindi, oltre a realizzare condizioni di sicurezza per l’acquirente, occorre garantire anche alla banca che l’ipoteca non è stata iscritta invano, ma ha tenuta sufficiente per fronteggiare il caso dell’ inadempimento del mutuatario.

Uno dei sistemi escogitati nella prassi professionale per “affrancare” gli immobili donati dalla loro condizione di scarsa appetibilità commerciale, e forse il meno sofisticato, è appunto quello della fideiussione, che il Tribunale di Mantova ha cassato.

In sintesi, si tratta della garanzia, offerta dal donante o dai suoi eredi, in sede di vendita dell’immobile donato (o di sua concessione in ipoteca), finalizzata ad assicurare l’acquirente e la banca che, in caso di vittorioso esercizio dell’azione di riduzione da parte degli eredi del donante, costoro si fanno carico del risarcimento (a favore di chi nel frattempo sia divenuto proprietario del bene o del creditore ipotecario) del danno provocato dal fatto che il bene donato viene evitto, e cioè restituito ai legittimari del donante per soddisfare le loro ragioni ereditarie.

In altri termini, gli eredi con ciò avrebbero un disincentivo a impugnare la donazione, in quanto essi poi dovrebbero risponderne verso l’acquirente dell’immobile o verso la banca. Correttamente, il Tribunale di Mantova ha ritenuto che una tale fideiussione viola il principio basilare secondo il quale non possono essere imposti "pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari" (articolo 549 del codice civile). In effetti, con la fideiussione in questione (concessa dal de cuius e poi “ereditata” dai suoi successori) si impone un peso evidentissimo, perché appunto si provoca la responsabilità per evizione del bene donato in capo al legittimario che proponga l’azione di riduzione e poi quella di restituzione.

L'atto di opposizione alla donazione

Un parziale rimedio al problema della circolazione degli immobili donati è stato introdotto nel 2005 con la riforma degli articoli 561 e 563 del codice civile (ad opera del dl 35/2005, convertito in legge 80/2005).

Con queste nuove norme è stato disposto che, dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione nei Registri Immobiliari, un’eventuale lite ereditaria tra gli eredi del donante non impedisce ai beni donati di circolare “tranquillamente” (e non provoca la cancellazione delle ipoteche iscritte che siano state iscritte su detti beni): viene cioè quasi del tutto sterilizzato il timore che un legittimario, leso nei suoi diritti di legittima, si soddisfi sui beni donati (chiunque sia il loro attuale proprietario) se non trova soddisfazione nel patrimonio del donatario.

Lo scopo di questa nuova normativa è evidente: essa ha l’obiettivo di “mettere in sicurezza”, dopo un certo lasso di tempo, la circolazione dei beni donati, di modo che l’avente causa dal donatario non riceva dall’ordinamento un trattamento addirittura deteriore rispetto a colui che, acquistando un bene da chi non ne sia il proprietario, al massimo dopo un ventennio di possesso, forma in capo a sé, mediante l’usucapione, il titolo acquisitivo del bene posseduto.

La nuova norma tuttavia dispone anche che il decorso di questo ventennio dalla trascrizione della donazione è però impedito se il discendente, il coniuge o l’ascendente del donante stipulino il cosiddetto “atto di opposizione alla donazione”, inedita figura giuridica sempre introdotta dal dl 35/2005 nell’articolo 563 del codice civile.

L’atto di “opposizione” alla donazione è un atto stragiudiziale (non è cioè una impugnazione della donazione), che può essere compiuto solo dal coniuge e dai parenti in linea retta del donante e che va notificato al donatario e che pure va trascritto nei Registri Immobiliari.

Il compimento di questo atto di “opposizione” ha dunque l’effetto di impedire il decorso del ventennio dopo il quale il bene donato ottiene una sorta di “affrancamento” dal fatto di esser stato oggetto di donazione.

Vale a dire che l’atto di opposizione alla donazione impedisce, anche dopo il ventennio, di considerare la donazione ininfluente rispetto alla circolazione del bene donato. Con la stipula dell’atto di opposizione alla donazione si torna cioè alla medesima situazione che vi era prima di questa riforma legislativa: chi compra il bene donato o chi iscrive su di esso un’ipoteca può vedersi pregiudicato dalla restituzione del bene agli eredi provocata dal vittorioso esperimento dell’azione di riduzione verso il donatario il cui patrimonio non sia sufficientemente capiente per soddisfare le ragioni dei legittimari del donante.

Se quindi prima del dl 35/2005, la tutela dei legittimari poteva essere definita in termini di “tutela assoluta”, e cioè senza eccezioni, dopo la novella questa tutela si è dunque evidentemente “relativizzata”: se trascorrono venti anni e non sia stata fatta la “opposizione”, non è più esperibile l’azione di restituzione contro gli aventi causa del donatario.

In altri termini, dal comportamento silente o inerte del legittimato all’opposizione, protratto per un ventennio, consegue la “purgazione” del bene donato dagli ostacoli che alla sua circolazione deriverebbero dalla sua sottoponibilità all’azione di restituzione.

La circolazione degli immobili oggetto di donazione indiretta

Il problema della circolazione degli immobili donati non si pone nel caso delle cosiddette donazioni “indirette” e cioè quando, ad esempio, i genitori pagano il prezzo dell'immobile acquistato dal figlio e a lui intestato: in tal caso, infatti, il figlio donatario può tranquillamente vendere l'immobile senza che l'acquirente, e pure ogni suo successivo avente causa (ad esempio la banca che riceve ipoteca a garanzia di un finanziamento), possano temere di subire conseguenze negative per effetto di eventuali liti ereditarie che insorgano tra i familiari del donante. È questa la rilevante conseguenza della sentenza della Cassazione n. 11496 del 12 maggio 2010.

La pronuncia della Suprema Corte ha dunque definitivamente dipanato la questione se le regole di circolazione degli immobili donati per effetto di donazione “diretta” o “formale” (e cioè quella “direttamente” stipulata tra donante e donatario, mediante un atto formale, ricevuto da un notaio in presenza di due testimoni) siano applicabili anche alle donazioni “indirette” o “informali”, vale a dire a tutti quei casi (che si verificano più che altro nell'ambito familiare) di arricchimento del donatario che il donante provochi senza stipulare una donazione “formale”: ad esempio, il pagamento da parte del genitore del prezzo dovuto dal figlio per un dato acquisto, il pagamento del debito contratto dal figlio, la rinuncia a un credito verso il figlio, la vendita di un bene a un figlio con un corrispettivo irrisorio, eccetera.

Infatti, le donazioni “dirette” e quelle “indirette” sono, per molti versi, equiparate dall’articolo 809 del codice civile, il quale estende alle donazioni “indirette” diverse norme dettate dal codice stesso per le donazioni “dirette”. E quindi prima di questa sentenza ci si poneva il tema se anche le norme che impongono, al terzo avente causa dal donatario, la restituzione dei beni donati a favore del legittimario vittorioso nell’azione di riduzione, potessero essere applicate alle donazioni “indirette” qualora il patrimonio del donatario fosse divenuto di valore insufficiente a soddisfare le pretese dei legittimari. Infatti, non c’è dubbio che quando ad esempio un genitore paga il prezzo dovuto dal figlio che si intesta l’immobile, si tratta non tanto di una donazione del danaro servito per pagare il prezzo quanto di una donazione dell’ immobile acquistato dal figlio del donante con il denaro messogli a disposizione dai suoi familiari.

Con la sua decisione, dunque, la Cassazione ha offerto un fondamentale punto di riferimento nella complessa materia della circolazione dei beni oggetto di donazione, decidendo che l’immobile donato può essere oggetto di azione di restituzione solo se esso sia effettivamente “passato” dal patrimonio del donante a quello del donatario.

Nel caso invece della donazione “indiretta”, seppur oggetto della donazione sia sostanzialmente l’immobile comprato dal donatario con utilizzo di denaro fornito dal donante, detto immobile tecnicamente non viene trasmesso (come accade nella donazione “diretta”) dalla sfera patrimoniale del donante a quella del donatario: in effetti, l’immobile pagato con la provvista fornita dal donante viene trasmesso al donatario (acquirente nel contratto di compravendita, seppur pagata coi soldi del donante) direttamente dal soggetto che nella compravendita ha assunto il ruolo di parte venditrice.

Quindi, successivamente all’acquisto compiuto dal donatario, se si analizza la storia dell’immobile donato con donazione “indiretta”, non se ne vede alcuna sua trasmissione per effetto di formale donazione da parte del donante, come invece accade se l’immobile sia appunto stato oggetto di donazione “diretta” dal donante al donatario; cosicchè, nel primo caso (quello della donazione “indiretta” dell’immobile), chiunque si renda acquirente dell’immobile non può subire conseguenze negative dal fatto che esso è stato comprato mediante utilizzo del danaro regalato dal donante; mentre, nel secondo caso (quello della donazione “diretta” dell’immobile), è chiaramente scolpito nei Registri Immobiliari il fatto dell’ intervenuta sua donazione formale e quindi il fatto che occorre prestare estrema attenzione ad acquisire diritti su un tale bene.

Le tecniche per mettere in sicurezza la circolazione degli immobili donati

La frequenza delle donazioni immobiliari sollecita quasi quotidianamente, nella prassi professionale, la ricerca di tecniche di “sterilizzazione” della donazione, al fine di mettere in sicurezza la circolazione del bene donato e la sua sottoponibilità ad ipoteca.

Non è possibile esaminare nel dettaglio questi “rimedi”, perché esse dipendono fortemente dalle circostanze concrete, caso per caso differenti tra loro: il contesto familiare, l’età del donante, la situazione patrimoniale del donante e i suoi prevedibili sviluppi, l’entità della donazione (in valori assoluti e in valori relativi, cioè in rapporto al presumibile valore dell’asse ereditario, le altre attribuzioni gratuite che il donante abbia fatto ad altri suoi familiari, eccetera). Ma anche perché si tratta di tecniche ad alto contenuto specialistico, di cui non è possibile l’illustrazione con poche e semplici parole.

Comunque, in queste situazioni, la prima verifica che occorre compiere è l’accertamento di quanto tempo sia decorso dalla donazione del bene “esaminato”: se sono passati 20 anni e se non sia stato compiuto alcun atto di “opposizione” alla donazione, c’è abbastanza certezza sul punto che l’eventuale impugnazione della donazione non abbia conseguenza sugli aventi causa del bene donato (in effetti non c’è totale certezza, in quanto vi sono autorevoli, ma non condivisibili, voci secondo le quali, per le donazioni anteriori alla riforma del 2005, il ventennio non andrebbe fatto decorrere dalla donazione ma appunto dal 15 maggio 2005, giorno di entrata in vigore dei nuovi articoli 561 e 563 del codice civile).

Un’altra strategia è poi quella di provare a tastare il terreno con i legittimari del donante, per verificare la loro eventuale disponibilità alla firma di un atto di rinuncia alla stipula dell’atto di opposizione alla donazione. Come detto, l’atto di opposizione alla donazione ha l’effetto di impedire il decorso del ventennio passato il quale la donazione è per legge resa “inoffensiva” e quindi ininfluente sulla circolazione del bene donato; viceversa, la rinuncia all’atto di opposizione alla donazione produce, di regola, l’effetto di impedire che il decorso del predetto ventennio venga ostacolato.

Al di là dei casi in cui si può sfruttare il dettato degli articoli 561 e 563 del codice civile per dare tranquillità agli aventi causa dal donatario, vi sono comunque altre tecniche a disposizione, a seconda dei casi che concretamente si prospettano.

Anzitutto, si può seguire la strategia di stipulare un atto di risoluzione della donazione, finalizzato a far rientrare il bene donato nel patrimonio del donante: cosicchè non sia il donatario a venderlo, ma il donante in persona, ciò che dovrebbe impedire il sorgere di timori circa il possibile coinvolgimento di quel bene in controversie ereditarie tra i successori del donante. Tra l’altro, questo atto risolutivo beneficia, presso diversi uffici dell’Agenzia delle Entrate, di un trattamento tributario favorevole (viene cioè tassato con l’imposta fissa di registro) e quindi si rende particolarmente appetibile anche sotto questo profilo.

Una variante parziale a quanto si è appena detto è rappresentata dall’atto con cui il donatario “restituisce” al donante (di solito, con un contratto di compravendita) una quota del bene donato, in modo che la vendita del bene venga effettuata congiuntamente dal donante e dal donatario: se infatti anche il donante partecipa alla vendita del bene egli assume verso l’acquirente la garanzia per l’evizione del bene compravenduto, con la conseguenza che eventuali suoi legittimari, i quali agiscano in riduzione, si troverebbero ad essere, al contempo, titolari del diritto alla restituzione del bene donato ma anche garanti dell’avente causa da loro evitto e con ciò probabilmente disincentivati all’ azione di riduzione.

Vi è però da prestare attenzione al fatto che anche questa tecnica, se malamente utilizzata, potrebbe impattare contro il divieto di apposizione di pesi e di condizioni sulla quota di legittima, di cui all’articolo 549 del codice civile.

Un’ultima chance, ove il caso concreto lo consenta, è quella di stipulare un atto con il quale si accerti che la donazione stipulata in passato simula in effetti una compravendita; essendo così riqualificata la vicenda come compravendita simulata dietro l’apparenza di una donazione, essa non dovrebbe più impattare sulla circolazione del bene “donato”.

Clausole e patti aggiunti alla donazione

Chi intende donare un bene può voler apporre all'atto di donazione svariate clausole, per raggiungere i più diversi obiettivi. Il notaio è un professionista esperto ad elaborare dette clausole ed ad adattarle alle esigenze del cliente, pur nei limiti del rispetto delle norme di legge.

Ci possono essere:

1) la donazione con apposizione di condizione. La condizione può essere sospensiva: in questo caso il donante subordina il prodursi dell'efficacia della donazione al verificarsi di un evento futuro ed incerto. La condizione può essere risolutiva: in questo caso il donante subordina la cessazione dell'efficacia della donazione al verificarsi di un evento futuro ed incerto. Si consiglia di interpellare il notaio di fiducia, perché si deve evitare che la condizione sia illecita (es. ti dono un bene, se uccidi Tizio) ovvero restrittiva della libertà del donatario (es. ti dono un bene, se ti sposerai);

2) la donazione con apposizione di termine. Il termine può essere iniziale: in questo caso il donante indica il momento, futuro e certo nel suo verificarsi, a partire dal quale la donazione avrà efficacia.

Il temine può essere finale: in questo caso il donante indica il momento, futuro e certo nel suo verificarsi, fino al quale la donazione avrà efficacia. Si può far sì che l’efficacia della donazione decorra dalla morte di colui che dona? Si consiglia di interpellare al riguardo il proprio notaio;

3) la donazione modale. In questo caso, il donante impone un peso a carico del donatario. Tale peso crea a carico del donatario un'obbligazione. Per esempio Tizio dona un immobile a Caio con l'onere di costruire un ospedale nel suo paese ovvero si può, per esempio, imporre a colui che riceve la donazione di assistere per tutta la vita il donante (onere di mantenimento). Il donante può prevedere, altresì, la risoluzione della donazione nel caso in cui il donatario non adempia all'obbligo impostogli. Tale previsione determina la possibilità, da parte del donante, di chiedere al giudice la risoluzione della donazione, se così è previsto nell'atto di donazione (si tratta della donazione con previsione di risoluzione in caso di inadempimento di obblighi a carico del donatario);

4) donazione con riserva di usufrutto. In questo caso chi dona riserva a proprio vantaggio il diritto di usufrutto sui beni donati. Il donante può riservare tale diritto, dopo di lui, a vantaggio di un'altra persona o anche di più persone, ma non successivamente. In tal modo il donante può conservare ancora il diritto di utilizzare il proprio bene e di percepirne i frutti (anche locandolo), anche per tutta la durata della sua vita ed al beneficiario della donazione andrà solo la nuda proprietà;

5) donazione con clausola di riserva di disporre di cose determinate o di una determinata somma sui beni donati. Con l'apposizione di tale clausola il donante, ma non i suoi eredi, potrà decidere di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione. Si determinerà in tal caso una risoluzione parziale della donazione con conseguente sottrazione di parte del bene al donatario. La riserva di disporre apposta dal donante può riguardare anche una determinata somma sui beni donati e, in questo caso, si avrà un onere a carico del donatario, condizionato alla volontà del donante.

6) donazione con clausola di riversibilità. Con l'apposizione di tale clausola, il donante può stabilire che le cose donate ritornino a lui nel caso di premorienza del solo donatario o del donatario e dei suoi discendenti.

7) donazione con dispensa dalla collazione. La collazione è l'atto con il quale determinati soggetti (figli legittimi e naturali e il loro discendenti e il coniuge), che hanno accettato l'eredità, conferiscono alla massa attiva del patrimonio ereditario le donazioni ricevute in vita dal defunto in modo da dividerle con gli altri coeredi, in proporzione delle rispettive quote. I presupposti della collazione sono:

- l'esistenza di un attivo ereditario da dividere;

- l'accettazione dell'eredità da parte del soggetto che vi è tenuto, poiché è essenziale la qualità di erede dell'obbligato.

Tuttavia, è fatta salva ogni diversa volontà espressa dal testatore, che può dispensare dalla collazione un suo erede. Precisamente la dispensa dalla collazione è un negozio giuridico diretto ad esonerare il donatario dall'obbligo di collazione in sede di divisione dell'eredità. La dispensa dalla collazione può essere contenuta nell'atto di donazione o in un testamento successivo.

8) donazione con dispensa dall'imputazione. Nell'ipotesi di successione necessaria, vige la regola generale secondo la quale i legittimari sono tenuti ad imputare alla propria quota di legittima le donazioni e i legati ricevuti in vita dal defunto, salvo che ne siano stati espressamente dispensati (c.d. imputazione ex se).La dispensa dalla imputazione ex se nulla ha a che vedere con la dispensa da collazione e, pertanto la dispensa dalla imputazione non può desumersi dalla eventuale dispensa dalla collazione presente nell'atto di donazione: essa deve essere invece autonomamente espressa in modo chiaro ed inequivocabile. Tale non sarebbe la dichiarazione del donante che la donazione è fatta sulla disponibile.

La forma della donazione

La donazione deve essere fatta per atto pubblico notarile sotto pena di nullità e richiede la presenza irrinunziabile di due testimoni, non parenti coniugi o affini, né interessati all'atto.

Se la donazione ha ad oggetto beni mobili, il valore di tali beni deve essere indicato nel medesimo atto di donazione o in un atto a parte e ciò anche nel caso di donazione d’azienda costituita in tutto o in parte da beni mobili.

Dette prescrizioni formali devono essere seguite anche nel caso in cui si doni fingendo di vendere (donazione dissimulata): occorre infatti guardare al contratto che realmente si stipula e non a quello apparente ed è necessario informare il notaio delle proprie vere intenzioni, perché egli possa salvaguardare la validità del contratto.

Tuttavia, la forma dell'atto pubblico non è richiesta nei seguenti casi:

a) Donazione manuale: donazione di modico valore di cosa mobile (per es. un tavolo o del denaro). La donazione di modico valore è pur sempre una donazione e, pertanto, è necessario che il donante voglia spogliarsi, per spirito di liberalità, di un proprio bene senza esigere un corrispettivo e senza esservi obbligato.

Inoltre è necessario che il bene oggetto della donazione venga materialmente consegnato dal donante al donatario. Pertanto non può esserci donazione manuale di un bene immobile. La modicità del valore deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, nel senso che la donazione non deve incidere in modo apprezzabile sul suo patrimonio, altrimenti è necessario concludere una donazione formale.

b) Donazione indiretta. Sono donazioni indirette quelle attività o atti giuridici che, pur producendo il depauperamento del patrimonio di un soggetto e il corrispondente arricchimento di quello di un altro, e, quindi, il risultato di una donazione, vengono realizzati ricorrendo ad atti diversi dal vero e proprio contratto di donazione. Sono donazioni indirette, per esempio, sempre che ricorra lo spirito di liberalità, il pagamento di un debito altrui (il genitore che paga un debito del figlio), la remissione del debito (il creditore rimette un debito al suo debitore), il procurare l'acquisto di un bene ad un terzo o, intervenendo all'atto di acquisto per pagare il relativo prezzo, o fornendo al terzo il denaro necessario per l'acquisto, o apponendo al contratto di acquisto una clausola che comporti l'intestazione del bene a favore del terzo che si intende beneficiare (contratto a favore del terzo).

In questi casi non è richiesta la forma dell'atto pubblico notarile, ma comunque è sempre necessario rispettare la forma richiesta dalla legge per gli atti tramite i quali si realizza l'intento donativo.

L'azione di riduzione quale mezzo di impugnazione di testamento e donazioni lesivi dei diritti dei legittimari

Nel nostro sistema giuridico, la legge riserva necessariamente a determinati strettissimi congiunti del defunto (coniuge, discendenti e ascendenti, detti “legittimari” o “eredi necessari”) una rilevante quota dell’asse ereditario, anche contro la volontà espressa dal de cuius con testamento o con donazioni fatte in vita (esse anticipano, infatti, la successione): è questa la successione necessaria. Essa costituisce un limite alla libertà testamentaria ed alla stessa libertà di donare, essendo la donazione un anticipo della propria successione.

Può, così, accadere che il testamento o le eventuali donazioni fatte in vita dal testatore ledano i diritti dei legittimari (o eredi necessari).

In questo caso sia il testamento che le donazioni saranno pur sempre atti validi ed efficaci.

Tuttavia, l’erede legittimo dimenticato o leso potrà agire in giudizio con la cosiddetta azione di riduzione delle donazioni o delle disposizioni del testamento che ledono la sua quota di legittima, per ottenere la quota spettante.

L’azione di riduzione è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente dall’apertura della successione (secondo le disposizioni di legge la successione si apre nel momento della morte della persona della cui eredità si tratta): pertanto, una donazione lesiva può essere impugnata per dieci anni dalla morte del donante.

Le donazioni effettuate in vita dal defunto si possono ridurre solo se il legittimario escluso o leso non trova di che soddisfare il suo diritto su quanto il de cuius ha lasciato alla sua morte..

Qualora si agisca in riduzione, innanzitutto si riducono le disposizioni testamentarie proporzionalmente (tranne diversa volontà del testatore), successivamente si riducono le donazioni partendo dall’ultima che ha provocato la lesione e via via risalendo a quelle precedenti .

Va, inoltre, ricordato che i soggetti legittimati a proporre l’azione di riduzione non possono rinunciare al diritto di proporla, finché colui della cui eredità si tratta è ancora in vita, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione. Possono solo prestare acquiescenza alla donazione compiuta, quando il donante sia già morto.

Per evitare la riduzione, si consiglia di rendere edotto il notaio, richiesto di ricevere un atto di donazione, circa l'esistenza di eventuali legittimari, per rispettare, se esistano, i loro diritti: egli saprà consigliarvi la via più adatta, per evitare la formazione di un atto impugnabile.

Le imposte dovute per le donazioni

Sotto il profilo tributario, le donazioni sono state quasi completamente detassate dalla legge n. 383/2001 (c.d. legge dei "100 giorni").

Infatti, qualsiasi bene venga donato e qualunque sia il suo valore, se il contratto interviene tra coniugi, tra parenti in linea retta o parenti in linea collaterale entro il quarto grado, nessuna imposta vi è più da pagare, a meno che si tratti di donazione immobiliare.

In tale caso occorre sostenere il pagamento delle seguenti imposte:

- imposta ipotecaria (per la trascrizione dell'atto nei pubblici registri immobiliari): nella misura del 2% del valore catastale del bene o del maggior valore indicato in atto;

- imposta catastale (per la volturazione dell'atto al catasto): nella misura dell'1% del valore catastale del bene o del maggior valore indicato in atto.

Tuttavia, queste percentuali si abbattono alla misura fissa di Euro 129,11 per ciascuna di queste imposte, qualora ricorrano per il donatario i requisiti per l'ottenimento dell'agevolazione "prima casa".

Se, invece, tra donante e donatario non ricorrano né rapporti di coniugio, né rapporti di parentela in linea retta o entro il quarto grado oppure non si tratti neppure di parenti (si pensi alla donazione tra due conviventi oppure a quelle tra un coniuge e i figli di primo letto dell'altro coniuge, ovvero alle donazioni a favore di affini – suocero, nuora) la donazione è tributariamente rilevante, con le seguenti precisazioni:

- si paga la normale imposta di registro per la parte di valore donato, che per ogni donatario, eccede il limite di franchigia (prima 350 milioni di lire ora 180.759,91 euro), con le aliquote proprie dei beni donati (e così, per esempio, il 7% se si tratta di edifici, l'8% se si tratta di aree edificabili, il 15% se si tratta di terreni agricoli). Va precisato inoltre che se il donatario è una persona portatore di handicap riconosciuto grave, si applica il limite di franchigia di lire 1 miliardo pari ad euro 516.456,90 sul valore della quota donata;

- si paga il 3% di imposta ipotecaria e catastale sull'intero valore donato (quindi senza tenere conto della franchigia), a meno che, anche qui, non ricorrano i presupposti per l'ottenimento dell'agevolazione "prima casa", ipotesi nella quale il carico di queste imposte si limita a complessivi Euro 258,22.

Occorre, poi, verificare se, a tali donazioni, per la parte di valore donato, che per ogni donatario, eccede il limite di franchigia, trovino applicazione le agevolazioni previste in tema di atti a titolo oneroso.

Quanto alle donazioni c.d. indirette, se fatte al coniuge, ai parenti in linea retta ed ai parenti in linea collaterale fino al quarto grado, sono totalmente detassate, collegate o meno che siano ad un trasferimento oneroso, mentre, se effettuate a favore di soggetti diversi dal coniuge o dai parenti in linea retta o entro il quarto grado, sono sicuramente detassate nell’ipotesi in cui il valore attribuito a ciascun beneficiario non superi l’importo della franchigia.

La riforma (legge n. 383/2001) non modifica, invece, in alcun modo, l’imposizione sul valore aggiunto degli atti di donazione, applicabile in quanto gli stessi realizzino una destinazione di beni a finalità estranee all’esercizio d’impresa (cfr. l’art. 2, comma 2, nn. 4) e 5), del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633). Ne consegue che in caso di donazione da imprenditore al coniuge, a parenti in linea retta o altri parenti entro il quarto grado, si applica l’imposta sul valore aggiunto con le aliquote corrispondenti alla tipologia dell’operazione effettuata.

Le agevolazioni "prima casa"

Chi riceve in donazione un immobile dovrà sostenere il pagamento delle seguenti imposte:

- imposta ipotecaria: nella misura del 2% del valore catastale del bene o del maggior valore indicato in atto;

- imposta catastale: nella misura dell'1% del valore catastale del bene o del maggior valore indicato in atto.

Tuttavia queste percentuali si abbattono alla misura fissa di Euro 129,11 per ciascuna di queste imposte, qualora ricorrano per il donatario i requisiti per l'ottenimento dell'agevolazione ""prima casa"". Vale a dire che:

1) l'immobile deve essere ubicato:

- nel territorio del Comune in cui il donatario in questione ha la propria residenza o in cui il donatario stabilisca entro 18 mesi dalla stipulazione del contratto di donazione la propria residenza (la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile in questione, deve essere resa, a pena di decadenza, nell'atto di donazione);

- nel territorio del Comune in cui il donatario svolge la propria attività (di lavoro subordinato o professionale, di studio ecc.);

- nel territorio del Comune in cui, se il donatario sia stato trasferito all'estero per ragioni di lavoro, ha sede o esercita l'attività il soggetto il donatario dipende;

2) nel caso in cui il donatario sia cittadino italiano emigrato all'estero (iscritto quindi all'Aire), l'immobile ricevuto in donazione deve essere la ""prima casa"" posseduta dal donatario medesimo sul territorio italiano;

3) nell'atto di donazione il donatario deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l'immobile oggetto della donazione;

4) nell'atto di donazione il donatario deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni ""prima casa"" per gli acquisti a titolo oneroso.

Occorre precisare che:

- se vi è un solo donatario e un solo immobile è stato donato, la spettanza delle agevolazioni è condizionata alla richiesta della stessa da parte dell’interessato e alla sussistenza dei requisiti in capo a quest’ultimo;

- se vi è un solo donatario e sono stati donati più immobili, la spettanza delle agevolazioni compete solo per uno degli immobili interessati e relative pertinenze. Pertanto le unità immobiliari rimanenti non potranno beneficiare dell’applicazione delle agevolazioni;

- se vi sono più donatari e un solo immobile è stato donato, è sufficiente che la dichiarazione di possedere i requisiti richiesti dalla legge sia resa da almeno uno dei beneficiari in possesso dei requisiti affinché l’agevolazione venga poi estesa automaticamente agli altri;

- se vi sono più donatari e sono stati donati più immobili, le agevolazioni “prima casa”, dietro il rilascio di apposita dichiarazione, competerà a tutti quei donatari che siano in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, ma limitatamente ad un immobile ciascuno: verranno, cioè, agevolati tanti immobili quanti sono i soggetti che possiedono i requisiti per ottenere i benefici fiscali.

Come modificare un atto di donazione?

Si può modificare la donazione? Proprio perché la donazione una volta effettuata implica un trasferimento della proprietà, essa non può più essere modificata. E ciò perché il bene è entrato nella sfera giuridica di un soggetto diverso (il donatario), non potendo il donante più disporre.

Chi può annullare una donazione?

La legge, quindi, permette al donante la possibilità di revocare la donazione nella presunzione che lo stesso, al momento in cui è stata effettuata il donante non aveva alcun figlio, e non anche quando ne aveva in numero minore.

Quando si può annullare un atto di donazione?

I motivi causa dell'annullamento della donazione Nonostante questo, è possibile chiedere l'annullamento della donazione, salvo nel caso in cui su di esso sia caduto l'errore del donante a condizione che risulti dal contratto e sia stato l'unico motivo a determinare il donante a compiere la liberalità.

Quanto costa l'annullamento di una donazione?

Tasse da pagare: sono pari a 400 euro (imposta ipotecaria 200 euro; imposta catastale 200 euro) e si pagano solo in caso di revoca donazione di un immobile.