Ultime parole di gesù sulla croce in aramaico

A) La lettura

� Il Vangelo di S. Marco,

che autorevole critica storico-letteraria tende oggi a ritenere sia stato la prima raccolta scritta su Ges�, e che fu redatto quasi certamente in lingua greca sin dalla sua compilazione iniziale, poi rimaneggiata nell�odierna veste "canonica", cita in aramaico (Mc.15-36) (e non in greco) le ultime parole pronunciate da Ges� ormai morente sulla croce, e ne riferisce subito dopo il significato in greco [per i lettori e/o uditori che non conoscevano l�aramaico].
In tale versione "secondo S. Marco" queste "ultime" parole di Ges� coincidono con quelle del primo versetto del Salmo XXI 1(*), il quale, come si sa, inizia con l�invocazione a Dio pronunciata dal derelitto, astretto dalle ombre della sofferenza e della morte, ma che poi si conclude con l�affermazione della salvezza che sar� data dalla Misericordia e dall�Aiuto personale di Dio.
Dalla predetta narrazione di S.Marco risulta che Ges� si interruppe per� gi� alla fine del primo versetto, perch� raggiunto dalla morte ("dato un grande grido, spir�") (Mc.15-37) sicch� il velo dell�angoscia non � squarciato e sovrana domina nel resoconto l�infinita solitudine della morte.

� Il Vangelo di S. Matteo,

ritenuto dalla tradizione come antecedente quello di S. Marco ma che oggi lo si crede (forse) ad esso successivo od al pi� coevo, fu compilato nella forma attuale sicuramente con conoscenza di quello di S. Marco (od almeno di una sua stesura iniziale precedente).
Vi si citano (Mt.27-44) come ultime parole di Ges� sulla Croce quelle stesse identiche gi� riferite da S. Marco (sul punto si ha traslitterazione pi� che non sinotticit� dei due Vangeli).
S. Matteo scrisse per� in aramaico, e riferisce le parole di Ges� in ebraico antico, di cui d� poi immediatamente il significato in aramaico, con clich� quindi sovrapponibile, dizione a parte, sia parola per parola e sia nella forma e nella sintassi, al testo di S. Marco.
Solo che nello scambio linguistico (greco -aramaico) l�appellativo di Dio � reso da S.Matteo con il termine "El�" (forma originale del Salmo XXI ), l� dove S. Marco scrive "Elo�" (forma aramaica derivata dal pi� arcaico Elohim [= il Signore] ).
Il termine El� di S. Matteo si presta forse pi� intensamente (almeno per noi moderni) all�insensato, crudele, e grossolano gioco di parole con cui gli astanti motteggiavano (Mt.27-49) davanti alla imminente morte di Ges�, equivocando con il nome del Profeta Elia [che, all�epoca, la credenza popolare indicava come il soccorritore in caso di estremo bisogno].

In conclusione, ambedue i Vangeli di S. Matteo e di S. Marco citano, con reciproca dualit� sia nei termini che nella forma, quali ultime parole di Ges� sulla Croce, l�inizio del Salmo XXI, quale segno di indicibile sofferenza ed angoscia, Salmo che poi si conclude per� con la proclamazione dell�affidarsi a Dio, del quale viene affermata la Misericordia ed il Sostegno. In ambedue le narrazioni (Mc.15-37 e Mt.27-50), la sopragiunta morte arresta per� le parole di Ges� al primo versetto, rendendo quindi implicita ma non espressa la conclusione del Salmo, sicch� il resoconto � dominato nelle due narrazioni dal velo dell�angoscia e della solitudine della morte imminente.

� Il Vangelo di S. Luca,

che per tanti aspetti � sinottico di quelli di S. Marco e di S. Matteo, non lo � nel citare le ultime parole di Ges� sulla Croce, e Gli attribuisce una frase del tutto differente: �Padre, nelle Tue mani rimetto il mio spirito. E detto questo spir��. (Lc.23-46)
S. Luca , come si vede, � esplicito a riguardo dell�affidamento a Dio, non cita direttamente il Salmo XXI ma ne fa trasparire la sostanza che "trascende" l�angoscia della morte nell�Attesa della Salvezza di Dio {Attesa e non semplice speranza; l�attesa � pi� forte della speranza, perch� implica certezza di ci� che si attende}.
Infine, il Vangelo di S. Giovanni cita, come ultime parole di Ges�, qualcosa di totalmente differente: non l�angoscia, non l�affidamento in Dio, non l�attesa del Suo soccorso, ma il "compimento" della donazione di s�, di Ges�, per la Redenzione dell�umanit� ("Tutto � compiuto" e chinato il capo rese lo spirito" - [Gv.19-30].

B) Tre interrogativi

a) Perch� S. Marco e S. Matteo citano in aramaico o in ebraico antico l�inizio del XXI Salmo, e non direttamente la traslitterazione che ne riferiscono subito dopo in lingua comprensibile al lettore?
b) Perch� S. Luca si sofferma esplicitamente sul "significato" dell�affidarsi a Dio, sottaciuto invece dagli altri due evangelisti?
c) E perch� S. Giovanni proietta il tema del compimento del Sacrificio di Cristo, allontanandosi nella citazione dal Salmo XXI rispecchiato invece dai tre Sinottici come ultime parole di Ges� sulla croce?

C) Risposte

a-b) Con il rinvio al Salmo XXI, per di pi� citato in ebraico antico od in aramaico, che sono pi� arcaici del linguaggio ogni volta utilizzato nella restante narrazione, il Redattore poneva in risalto che il Ges� che muore sulla Croce � veramente il Messia preannunciato nel Vecchio Testamento (= aggancio del Nuovo Testamento con quello Antico).
� questa la funzione primaria del riferimento in lingua "arcaica", che per� costringe i Redattori (S. Marco, S. Matteo) a darne poi la traduzione per i lettori non adusi a tali forme linguistiche.
Con questa "struttura sintattica" l�aggancio del Nuovo e del Vecchio Testamento "� resa forte" e vi si connota l�identificazione di Ges� con il Messia dei profeti.
Il riferimento al Salmo XXI, letterale in S. Marco ed in San Matteo e nel significato complessivo in San Luca, assolve inoltre la funzione di essere un messaggio di Resurrezione (= non abbandono dell�orante alla morte definitiva, al Grande Abisso, all�annullamento, "al dente del leone", ecc.).
Il contenuto del messaggio � dunque: Ges� � veramente il Messia annunciato dai Profeti ed � seme di Resurrezione.
c) Con il motivo del "compimento" annotato da S. Giovanni si marca (= si asserisce) che la Redenzione dell�umanit� tutta � fondata sul Sacrificio di Ges� sulla Croce.
La Sua morte non costituisce quindi il fallimento della Sua missione messianica (la tanto da tutti attesa restaurazione del Regno di Israele, libero dal giogo romano e/o di altri oppressori), ma connota che tale missione "si compie" attraverso il dono di s�, di Ges�, sulla Croce.

Le �ultime parole� di Cristo morente sulla Croce sono cos� un "trittico":
Ges� � realmente il Messia dei Profeti, [Mc; Mt]
Ges� morendo non resta nella morte ma "ritorna" al Padre = (Resurrezione [Lc.])
Ges� morendo riscatta l�umanit� tutta [Gv.] per la quale � seme di Resurrezione.

Cosa disse Gesù sulla croce in aramaico?

Elì Elì lemà sabactàni (Ηλει Ηλει λεμα σαβαχθανει) Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lama sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Questa frase, pronunciata da Gesù sulla Croce, ci viene fornita in queste due versioni.

Quali sono le ultime parole di Gesù in croce?

Se mi guida il tuo amore paura non ho, per sempre io sarò come Tu mi vuoi. Quando tutto è compiuto, quando il sacrificio di amore è pienamente consumato, ecco l'ultimissima parola di Gesù: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».

Come si dice in aramaico Dio?

Il tetragrammaton YHWH in fenicio (1100 a.C. - 300 d.C.), in aramaico (X secolo a.C.-I secolo d.C.) e in ebraico moderno: le quattro lettere vanno lette da destra verso sinistra.

Come si dice Cristo in aramaico?

Gesù è l'adattamento italiano del nome aramaico יֵשׁוּעַ (Yeshu'a), passato in greco biblico come Ἰησοῦς (Iēsoûs) e in latino biblico come Iesus; si tratta di una tarda traduzione aramaica del nome ebraico יְהוֹשֻׁעַ (Yehoshu'a), ovvero Giosuè, che ha il significato di "Yahweh è salvezza", "Yahweh salva".