Si può dormire con il camino acceso

Con il nuovo anno i parigini non potranno più accendere il caminetto di casa. Lo prevede la nuova legge anti-inquinamento che entra in vigore il 1° gennaio, e che vieterà dunque ormai momenti di relax e di romanticismo davanti al fuoco. Secondo la Direzione regionale dell’ambiente e dell’energia (Driee), infatti, il fumo dei caminetti inquina almeno quanto il gas di scarico dei motori diesel.

«È una questione sanitaria centrale. Il riscaldamento a legna contribuisce fino al 23% delle emissioni totali di polveri fini nella regione di Parigi. Cioè tanto quanto gli scarichi dei veicoli a motore», ha assicurato la Driee. Viene precisato che un caminetto acceso per mezza giornata emette cioè la stessa quantità di polveri fini di un’automobile che percorre 3500 km.

I medici sono d’accordo nel dire che respirare il fumo del caminetto non fa bene alla salute e che si possono favorire asma e bronchiti croniche. Il divieto riguarderà circa 125mila famiglia che abitano a Parigi e in 435 comuni della regione Ile-de-France in una zona definita «sensibile per la qualità dell’aria».

Anche altre regioni in Francia potrebbero allinearsi alla decisione di Parigi, che segue a sua volta l’esempio di altre capitali europee, come Londra.
I soli caminetti consentiti dal 2015 saranno dunque quelli non aperti, ma confinati in appositi recinti chiusi a norma di sicurezza e a prova di inquinamento, sia nei saloni di casa sia dai caminetti sui tetti.

Di recente sono stati resi noti i risultati allarmanti di uno studio del Cnr transalpino che ha analizzato la qualità dell’aria di Parigi negli ultimi 18 mesi. È emerso che nei giorni di forte inquinamento le strade della capitale sono paragonabili ad una stanza di 20 metri quadrati in cui sono chiusi otto fumatori con la sigaretta accesa.

Insomma che respirare l’aria della capitale fa male tanto quanto il fumo passivo. Per lo stesso studio, ogni volta che un parigino respira inala 100mila polveri sottili o ultra sottili (le più pericolose). La legge anti-inquinamento prevedere anche la creazione di zone a bassa emissione e la fine del diesel in città entro il 2020.

Sogni di godere dal letto della magia di un camino acceso? Si può fare, bisogna però ricorrere obbligatoriamente a un modello a perfetta tenuta stagna, l’unico ammesso dalla legge per ambienti nei quali si dorme. 

Installare il camino in camera da letto: cosa dice la legge

Secondo la normativa di riferimento UNI 10683 del 2012, l’installazione del camino (o della stufa) a legna o a pellet in camera da letto – così come in bagno o in un monolocale – è possibile soltanto se si adotta un apparecchio di tipo ‘ermetico’ o ‘a camera stagna’. È una tecnica costruttiva che permette al camino di funzionare prelevando l’aria comburente direttamente dall’esterno (senza ‘rubarla’ all’ambiente), evitando così l’installazione di prese d’aria nel locale in cui viene installato. 

La canalizzazione

Per il camino in camera, che deve per forza essere a focolare chiuso, occorre quindi prevedere un prelievo canalizzato dell’aria comburente: la camera stagna, in questo modo, preleverà ossigeno dall’esterno tramite un tubo di collegamento ermetico diretto alla presa d’aria e sarà connessa alla canna fumaria con un canale per lo scarico dei fumi. La massima sicurezza è data proprio dal fatto che l’aria non può entrare o uscire dal camino se non attraverso i canali ermetici appositamente predisposti.

Il volume della camera

Al fine di garantire la corretta ossigenazione del locale, potrai installare il camino ermetico soltanto all’interno di una camera da letto con volume minimo di 30 mc, pari a circa 10-11 mq.

La convenzione di Stoccolma del 22-23 Maggio 2001 è un accordo che prevede la riduzione o l'eliminazione di tutte le fonti di diossine. I livelli di tossicità delle diossine sono valutabili in ng/kg, risultando tra i più potenti veleni conosciuti. Hanno un elevato peso molecolare, risultando dunque poco volatili.

Non sono praticamente solubili ma si accumulano nei grassi. Per l'uomo un'esposizione prolungata, anche a livelli minimi, può recare danni. Come ricorderete, dalle tristi immagini di Seveso, le diossine causano una forma persistente di acne, nota come cloracne; anche sugli animali hanno effetti cancerogeni ed interferiscono con il normale sviluppo fisico. Come entra la diossina nel nostro organismo? Innanzitutto con l'esposizione agli impianti industriali, primi fra tutti gli inceneritori, poi attraverso gli alimenti (in particolare i grassi animali).

Perchè l'incenitore? La fase iniziale della combustione dei rifiuti è quella più pericolosa. La presenza di cloro e di metalli nel materiale di rifiuto pone le due principali condizioni per la formazione delle diossine. Gli impianti in cui la combustione può portare alla formazione delle diossine funzionano a temperature elevate per evitare il più possibile emissioni. E questo è positivo.

Se in Italia però si passerà dall’attuale 16% ad incenerire il 65% dei rifiuti prodotti, è inevitabile che la quantità di diossine immessa nel nostro ambiente da questa specifica fonte aumenti, nonostante il minor impatto ambientale dei nuovi inceneritori.

Possiamo comunque ritrovare emissioni di diossina in:

-industrie chimiche, siderurgiche, metallurgiche, industrie del vetro e della ceramica, nel fumo di sigaretta
-nelle combustioni di legno e carbone, camini, stufe e barbecue,

-nella combustione di rifiuti solidi urbani avviati in discarica o domestici

-nella combustione di rifiuti speciali, esempio quelli ospedalieri

-nei fumi delle cremazioni

Si ritrovano diossine anche nei processi di sbiancatura della carta e dei tessuti. L'arretratezza degli impianti favorisce ovviamente una dispersione notevole di diossina. Impianti all'avanguardia hanno invece ridotto le emissioni in molti Paesi dal 1990 ad oggi, anche del 50, 70% e forse più.

La combustione non controllata di legna, rifiuti e biomasse varie resta comunque molto pericolosa. Le emissioni più rilevanti di diossina si riscontrano però nel terreno; sotto accusa i pesticidi. E veniamo al dunque. Torniamo al nostro caminetto. Se la legna è di buona qualità i rischi che corriamo sono molto modesti, diremmo insignificanti, anche perchè non teniamo acceso il camino 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno. Il problema è che molti non ci bruciano solo un pezzo di pino cembro, ma ci infilano i rifiuti, la carta, la plastica nel proprio caminetto, producendo DIOSSINA.

Costa fatica divivere i rifiuti e portarli in discarica? Allora faccio prima, li brucio nel camino o li butto nel fiume, qualcuno nei paesi di montagna purtroppo ragiona anche così. Le analisi peraltro sono eloquenti: la combustione di rifiuti in caminetti o in stufe a legna, libera nell’aria una quantità di diossina 1000 volte superiore rispetto a quanto avverrebbe negli impianti di incenerimento dedicati. Ma se sono onesto e ci brucio legna normale e fa così tutto il paesino di montagna in cui mi trovo a soggiornare e a vivere scopro che in un metro cubo di fumi si ritrovano da 2 a 25 picogrammi di diossine.

Nello stesso spazio i fumi prodotti da un moderno inceneritore contengono 100 picogrammi picogrammi di diossina, da 50 a quattro volte di più di un caminetto. I caminetti dunque non sono immuni da emissioni, ma paragonati a quelle di un inceneritore

non destano molta preoccupazione

, se si brucia con criterio, lo ribadiamo. I dati giornalieri poi confortano ancor più i possessori di camini: un inceneritore, a fronte di 800 tonnellate al giorno di rifiuti bruciati emette 5 milioni di metri cubi, con una emissione di diossine pari a 500 milioni di picogrammi.

Un caminetto, tenuto acceso per 24 ore, non consuma più di 35-40 chili di legna, con una produzione di fumi pari a 280 metri cubi, il cui contenuto massimo di diossine è di 11.200 picogrammi. In conclusione, un inceneritore dell'ultima generazione inquina circa 45.000 volte più di un caminetto che non funziona al meglio delle sue prestazioni. Se la legna è di prima scelta e il caminetto è costruito per ottenere la massima efficienza termica e la minima produzione di incombusti (fumi), la quantità giornaliera di diossine che si possono produrre per riscaldare la casa, scende a 560 picogrammi. In un paese come Madonna di Campiglio ad esempio occorrerebbero circa 890.000 caminetti per produrre la stessa quantità di diossine di un termovalorizzatore.

Un termovalorizzatore infine è in funzione per circa 350 giorni all’anno, un caminetto si tiene acceso per un massimo di 150 giorni. Fonti in rete: il Caminetto, questo sconosciuto. Termovalorizzatori e diossina, Italia nostra. Vivere con la diossina.

Quando il camino è pericoloso?

Secondo gli scienziati, un camino acceso può rendere l'ambiente della casa poco salubre. Questo perchè durante la combustione sprigiona nell'aria particelle di carbonio. Penetrando nei polmoni, questa sostanza può ridurne la funzionalità, esporli maggiormente alle infezioni e provocare disturbi cardiovascolari.

Come non far uscire il fumo dal camino?

Possiamo risolvere il problema con un carotaggio di piccolo diametro sulla parete, se il camino è montato su di una parete perimetrale, lo alimenteremo così con aria dall'esterno.

Come tenere acceso il camino?

Aiutatevi sia con tronchetti che con rametti secchi. Proprio quest'ultimi infatti sono molto utili al fine di far prendere subito vita alla fiamma e tenerla viva per un po'. Dopo tale operazione, posizionate alla base della vostra montagnella di legna una diavolina e un po' di carta di giornale.

A cosa serve la catena del camino?

Le catene da focolare servivano ad appendere e mantenere i recipienti sul fuoco.