Durante la digestione la pressione si alza

In generale, si ritiene normale una pressione sistolica (la “massima”) inferiore ai 130 mm Hg e la diastolica (“minima”) inferiore a 85 mm Hg (millimetri di mercurio, l’unità di misura della pressione utilizzata in medicina).  Superate le soglie dei 140 e 90 mm Hg si parla invece di ipertensionee si ritiene necessario intervenire.

(Consulta la tabella dei valori pressori)

I VALORI DI PRESSIONE

Il medico dovrebbe misurare la pressione dei suoi pazienti ma è bene abituarsi anche a misurarla a casa, raccomanda Gianfranco Parati, professore ordinario di Medicina Cardiovascolare dell’ Università degli Studi di Milano-Bicocca e direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Riabilitative ad indirizzo Cardio-Neuro-Metabolico dell’ Ospedale S.Luca, IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano.

«Questo perchè i valori della pressione arteriosa non sono un “numero magico”,  variano a seconda delle esigenze dell’organismo. Sarebbe normale se inferiore a 140-90 mm Hg, ma se faccio una corsa per prendere l’autobus e la pressione non sale almeno a 160, l’autobus lo perdo!

Nello studio del medico spesso i valori salgono per l’”effetto camice bianco”, a casa il riferimento dovrebbe essere 135-85. Non a caso, molte delle ipertensioni resistenti sono quelle misurate solo dal medico, che spesso coglie solo la punta dell’iceberg».

Ipertensione: conta di più la massima o la minima?

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GLI STRUMENTI PER MISURARE LA PRESSIONE

Esistono tipi diversi di apparecchiature per misurare la pressione. Le linee guida della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa suggeriscono quelli automatici o semiautomatici da braccio.

Raccomanda Parati: «E’ importante che siano strumenti validati, si può fare una verifica sul modello sul sito DablEducational Trust». La misurazione, recitano le linee guida, va fatta quando si è tranquilli, a riposo da almeno 5 minuti, a mezz’ora dall’ultimo pasto abbondante, caffè, sigaretta o sforzi. Seduti, con la schiena su uno schienale e il braccio appoggiato su un piano all’altezza del cuore. Durante la rilevazione bisogna stare immobili e in silenzio.

UN PIANO DI AUTOMISURAZIONE

«Occorre anche evitare che diventi una nevrosi, non  serve esagerare con  le automisurazioni – prosegue il medico -. Un modo per farsi un’idea attendibile della propria pressione arteriosa è questo: per una settimana, effettuare due misurazioni al mattino, appena svegli, e due prima di cena.

Poi si scartano i dati del primo giorno e si fa una media dei 24 valori restanti: se si ottiene una media superiore a 135-85 mm Hg, si è in presenza di ipertensione. Poi, si porta tutto al proprio medico, che ripeterà le misurazioni ma avrà già uno strumento utilissimo per valutare se e come intervenire».

MONITORAGGIO PROLUNGATO

Spesso il medico consiglia un monitoraggio nelle 24 ore «Una metodica pensata negli anni ’60 dalla Nasa per gli astronauti, ma oggi utilissima anche a chi resta sul nostro pianeta». Consiste in un apparecchio portatile  (Holter) che effettua misurazioni automatiche a cadenza regolare, ad esempio ogni 15 o 20 minuti.

Dà l’idea di come varia la pressione nell’arco della giornata e a seconda delle attività ed è utile ogni volta che il medico sospetta una variabilità dei valori pressori che non riesce a rilevare nel suo ambulatorio. «Ricordo un autista di autobus che aveva 135-85 dal medico, ma poi quando guidava nel traffico la pressione gli saliva a 210-110 mm Hg. Era un’ipertensione “mascherata”, se non curata questa persona di lì a 15 anni avrebbe potuto avere un ictus.

Analogamente, la pressione sale molto nelle persone che russanoquando hanno apnee notturne: cala l’ossigeno nel sangue e il sistema nervoso simpatico interviene con un aumento della pressione, come accade ad esempio in alta quota».

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Negli ultimi anni alcune evidenze scientifiche hanno suggerito una possibile connessione tra coronopatia e malattia da reflusso gastroesofageo (GERD). Uno studio, ad esempio, ha rivelato come i pazienti affetti da GERD abbiano un più alto rischio di sviluppare la malattia coronarica. Essa consiste in un restringimento delle arterie coronarie, che limita o interrompe l’apporto di sangue al cuore. Spesso, alla base di questa patologia vi è l’ipertensione. L’aumento della pressione del flusso saguigno attraverso le arterie può infatti creare disfunzioni dell’endotelio arterioso, causando arteriosclerosi o malattia coronarica. L’ipertensione è quindi collegata alla coronopatia, a sua volta connessa al reflusso gastroesofageo. Da qui la possibile relazione tra reflusso e pressione alta, di cui ci occuperemo nel presente articolo.

Reflusso e Ipertensione

La relazione tra reflusso e pressione alta è stata oggetto di uno studio del 2018, pubblicato sul Journal of clinical gastroenterology. I ricercatori hanno reclutato 86 pazienti ipertesi, monitorandone costantemente la pressione sanguigna e il livello di acidità esofagea. Lo studio ha rivelato che:

  • il 44% dei pazienti ipertesi era affetto anche da reflusso gastroesfageo;
  • i picchi di pressione alta tendevano a coincidere con gli attacchi di reflusso;
  • il trattamento con inibitori di pompa protonica (IPP) migliorava i sintomi del reflusso e dell’ipertensione.

Lo studio ha quindi mostrato che chi soffre di reflusso ha un maggior rischio di essere affetto da pressione alta e che l’ipertensione può migliorare curando il reflusso gastroesofageo.

Il reflusso fa aumentare la pressione?

Il meccanismo alla base del legame tra reflusso e pressione alta non è del tutto chiaro. I ricercatori avanzano diverse ipotesi.

Una spiegazione è che il reflusso acido è in grado di attivare il sistema nervoso simpatico. Tale sistema, quando attivo, causa una maggiore contrazione del cuore e induce vasocostrizione periferica. L’aumento del flusso sanguigno, combinato alla maggiore resistenza vascolare periferica, porta all’incremento della pressione sanguigna.

Una spiegazione alternativa ipotizza invece l’esistenza di un comune meccanismo nel cervello, che regola sia la funzione digestiva che i riflessi cardiovascolari. L’associazione di reflusso e ipertensione deriverebbe quindi da un condiviso meccanismo cerebrale.

Inoltre, la relazione tra reflusso e pressione alta può dipendere da fattori di rischio comuni, collegati allo stile di vita. Entrambe le condizioni, infatti, sono spesso causate o aggravate da cattive abitudini alimentari, obesità e fumo. Tali fattori di rischio si presentano frequentemente sia nei pazienti ipertesi che in quelli affetti da reflusso. Ciò potrebbe quindi spiegare, almeno in parte, la loro frequente associazione.

Infine l’utilizzo dei farmaci calcioantagonisti, prescritti per l’ipertensione, può peggiorare i sintomi della GERD, diminuendo il tono dello sfintere esofageo. Ciò potrebbe contribuire a spiegare la presenza concomitante di reflusso e pressione alta.

Reflusso e pressione alta: cosa fare?

Nello studio del 2018 la terapia a base di gastroprotettori IPP ha migliorato i sintomi del reflusso e dell’ipertensione. La loro somministrazione può quindi essere indicata per i pazienti affetti da entrambi i disturbi. Tuttavia l’uso degli IPP a lungo termine non è esente da effetti collaterali significativi, tra cui anche un maggior rischio di coronopatia. Il loro utilizzo deve quindi sempre essere discusso con il proprio medico e, in ogni caso, non può sostituirsi ad un corretto stile di vita, imprescindibile per la salute cardiovascolare e digestiva.

L’adozione di opportune abitudini alimentari può infatti migliorare contemporaneamente l’ipertensione e il reflusso gastroesfageo. Una dieta prevalentemente vegetale, ricca di fibre, priva di alcool e caffeina diminuisce la pressione e migliora disturbi digestivi come gastrite e reflusso.

Inoltre, un moderato esercizio fisico, abbinato a esercizi di respirazione diaframmatica, può ridurre la GERD e l’ipertensione. L’attività fisica, infatti, aiuta a mantenere bassi i livelli di grasso viscerale, facendo diminuire la pressione sullo stomaco, quindi gli episodi di reflusso. La respirazione diaframmatica, a sua volta, migliora il controllo dei muscoli del diaframma, che cingono lo sfintere esofageo, da cui dipende il reflusso. Nello stesso tempo, l’esercizio fisico e la respirazione riducono la pressione diastolica e sistolica, come documentato da innumerevoli studi scientifici.

Infine l’astensione dal fumo può contribuire a migliorare GERD e ipertensione. La nicotina, infatti, diminuisce il tono dello sfintere esofageo e, allo stesso tempo, aumenta la vasocostrizione, facendo aumentare la pressione sanguigna.

Durante la digestione la pressione si alza

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Quanto tempo deve passare dopo mangiato per misurare la pressione?

La misurazione, recitano le linee guida, va fatta quando si è tranquilli, a riposo da almeno 5 minuti, a mezz'ora dall'ultimo pasto abbondante, caffè, sigaretta o sforzi. Seduti, con la schiena su uno schienale e il braccio appoggiato su un piano all'altezza del cuore.

Quando si mangia la pressione sale o scende?

Il sangue scorre normalmente verso l'intestino, ma la frequenza cardiaca non aumenta adeguatamente e non si verifica una vasocostrizione sufficiente a mantenere costante la pressione sanguigna. Di conseguenza, la pressione sanguigna diminuisce.

Perché dopo mangiato la pressione sale?

La causa dell'ipotensione post-prandiale è da ricercare nel maggiore afflusso di sangue che dopo i pasti si confluisce verso stomaco, fegato e la prima parte dell'intestino, a danno di altri organi.

In quale momento della giornata la pressione è più alta?

Come abbiamo già detto la pressione arteriosa varia durante il giorno ed è normalmente più alta al mattino e di sera.